Politica Interna
Renzi apre alla sinistra. Matteo Renzi apre alla “coalizione larga” per ricostruire il centrosinistra. Non pone veti a Mdp, ma non intende abiurare le politiche del suo governo. «Abbiamo fatto un capolavoro. E abbiamo tolto di mezzo molti alibi»: a sera, dopo che la riunione della direzione è terminata, Matteo Renzi appare soddisfatto per come sono andate le cose. Per Pierluigi Bersani, però, sono solo chiacchiere. Nell’editoriale, scrive Polito sul Corriere della Sera: Diciamoci la verità: non è solo colpa di Renzi lo stato pietoso dei rapporti a sinistra. Oggi ricordiamo quella di Veltroni come un’età dell’oro per l’unità del centrosinistra; ma anche dieci anni fa, agli albori del Pd, la sinistra radicale ruppe con il nuovo partito, andò da sola e disperse quasi due milioni di voti. II Pd fece II suo massimo storico, 33,2%, e non servì a nulla. Con Emma Bonino, invece, l’alleanza è fatta: ci penseranno i militanti dem a garantire la raccolta di firme necessarie a presentare un nuovo simbolo alle elezioni; radicali invece devono strappare il via libera del partito all’intesa. Né è solo colpa di Renzi se lo schieramento progressista parte indietro nella gara elettorale.
Strategie nel centrodestra. «Devo ammettere di essermi sbagliato a essere così prudente sul Rosatellum. A sapere che sarebbe finita così, l’avremmo accolto con entusiasmo molto prima». Ormai è diventata una costante. Ogni qualvolta si ritrova a compulsare le rilevazioni della fidata sondaggista Alessandra Ghisleri, con tanto di proiezioni sul numero dei collegi in cui il centrodestra è in vantaggio, Silvio Berlusconi sorride di gusto. Una vita a combattere l’idea di ritornare al maggioritario «che favorisce il centrosinistra», anni e anni a debellare «il virus del Mattarellum» per poi ritrovarsi, all’alba della lunga campagna elettorale del 2018, col centrodestra in netto vantaggio sui rivali. Rivela Repubblica che ad Arcore sono cominciati i “casting” per i nuovi candidati “non politici”.
Politica Estera
Terremoto in Iran-Iraq. Palazzi squarciati, case ridotte in polvere, familiari disperati che scavano a mani nude in mezzo ai detriti: per una volta non sono le bombe a devastare un angolo di Medio Oriente, ma è la natura. Il terremoto che domenica notte ha stravolto il nord Iran e il Kurdistan iracheno non si è fermato ai confini, spargendo il dolore fra iraniani e curdi. Al centro della scossa c’era la provincia iraniana di Kermanshah, con forte presenza di curdi, ma anche la zona di Sulaymaniyya, nel nord Iraq.
E c’è anche un bambino di 9 anni, con il corpo e la testa straziati, tra le oltre 400 vittime del sisma di magnitudo 7.3. Una notte da incubo e un bilancio che non sembra mai avere fine, con il conto dei feriti che ieri sera ha superato i 7 mila. Dopo la guerra e le tensioni politiche dovute al referendum per l’indipendenza, soffre ancora il Kurdistan, investito dal più letale dei terremoti del 2016, con l’epicentro registrato – crudeltà del destino – a 20 chilometri dalla cittadina di Halabja, teatro nel 1988 degli attacchi con il gas ordinati da Saddam Hussein.
Di Maio negli Usa. Gli Stati Uniti guardano con interesse al Movimento 5 Stelle, anche perché – come ci ha detto l’ex assistente del presidente Trump Sebastian Gorka – «tocca agli italiani decidere chi li governa». E intanto Di Maio volta negli USa. «Non siamo gli amici dei russi in Italia». È questo il primo messaggio che intende dare con la sua visita. La seconda nel giro di pochi mesi, ma la prima – e la scelta non è affatto casuale – da candidato premier e capo politico del Movimento 5 Stelle. Il vicepresidente della Camera “gonfia il petto” come ha fatto domenica sera, quando uscendo dallo studio di Che tempo che fa, in risposta alle parole di Beppe Grillo sulle denunce che ormai saranno tutte sue, ha gelato tutti con una battuta: «L’abbiamo convinto così». È lui a decidere la linea e a raddrizzarla, quando serve: quindi basta derive filo-putiniane.
Economia e Politica
Pensioni, incontro Governo-sindacati. Circa 300 milioni in tre anni compresa la dote già garantita dalla manovra con il bonus donne per l’Ape social aperta anche ai contratti a termine – per esentare dall’aumento automatico a 67 anni nel 2019 ben 15 categorie di lavori gravosi, sempre ché siano in possesso di 30 anni di contributi e abbiano svolto mansioni faticose per sette anni negli ultimi 10 d’impiego. Con lo stesso serbatoio si alimenterebbe anche l’allineamento del prelievo su rendite e capitale della previdenza integrativa dei lavoratori pubblici a quella dei privati. Sono le risorse che il Governo conta di mobilitare, anche facendo leva sui fondi che risultassero inutilizzati nel 2018 per Ape social e precoci, per rendere operativo il piano in sette punti illustrato ieri ai sindacati.
Caso Tari gonfiata. Aumentano per i Comuni le grane legate al calcolo della Tassa rifiuti (Tari), che gonfia gli importi considerando garage e cantine come appartamenti. Mentre i consumatori annunciano ricorsi e il ministero dell’Economia prepara una circolare sulla corretta applicazione del tributo, emergono ulteriori dilemmi su magazzini e uffici delle imprese, che gi à smaltiscono i rispettivi rifiuti pagando servizi aggiuntivi; c’è un decreto dell’Ambiente che risolverebbe il problema, ma non è mai stato firmato. E ora si scopre anche il nodo per le seconde case. Quanto ai ricorsi, si possono presentare subito: non servono moduli ad hoc.