Politica interna
Sondaggi e nodo alleanze. Oggi sul Corriere della Sera: “Effetti del voto siciliano: il Movimento 5 Stelle sale al 29,3 per cento, il Pd scende al 24,3 perdendo sei punti in sei mesi. Forza Italia resta stabile al 16,1. Senza variazioni rispetto al mese di ottobre anche Mdp che si attesta al 2,8, poco più di Sinistra Italiana. Trasformando il sondaggio in seggi, il centrodestra (FI, Lega e Fdi) conquisterebbe quasi la metà dei collegi dell’uninominale”. Sempre dal Corriere: “Silvio Berlusconi, ai suoi interlocutori, lo ripete: «Queste elezioni possiamo vincerle. Non dobbiamo dividerci. Il tema della leadership non deve ostacolare il nostro cammino, e anche sui collegi e sul programma troveremo l’intesa». «Coalizionista», così lo descrivono, come mai è stato negli ultimi tempi, il leader azzurro fa i calcoli: «Noi di FI possiamo arrivare al 25%, la Lega al 15% e Fdl al 5%: con il 45% vinciamo in quasi tutti i collegi uninominali» dice ai suoi, non si sa se perché ci creda davvero o per motivarli al massimo, visto che oggi i sondaggi vedono un centrodestra in ottima salute ma ben al di sotto della soglia del 40%”. “Il Viminale per Salvini e Sgarbi alla Cultura. Berlusconi fa già i piani”, scrive Repubblica. Il Corriere: “Nel Pd tutti, compreso Renzi, sembrano pronti ad aprirsi a una coalizione di centrosinistra. Il weekend decisivo: si comincia domani con l’assemblea di Campo Progressista, nella quale Giuliano Pisapia farà sapere su che rotta intende indirizzare la barca appena salpata. E si proseguirà lunedì, con la Direzione del Pd, dove Matteo Renzi dovrà rispondere alla minoranza, che chiede segnali concreti verso una coalizione di centrosinistra. Convitato di pietra, Pietro Grasso, indicato come il probabile leader di Mdp e polemico autore della frase sul «vero Pd» che sarebbe quello del fuoriuscito Pier Luigi Bersani. A lui rispondono Renzi («A polemica rispondo ringraziandolo e senza aprire fronti di tensione»), Dario Franceschini che si dice «dispiaciuto per i giudizi non condivisibili», Ettore Rosato che parla di «entrata a gamba tesa, visto il suo ruolo istituzionale», e Maurizio Martina che rispetta Grasso ma chiede «altrettanto rispetto per il Pd».
La polemica con Grasso. Fassino intervistato da Repubblica: «Abbiamo tutti grande stima per come Grasso ha esercitato la sua funzione, lui abbia lo stesso rispetto per la grande comunità di uomini e di donne che è il Pd. Che non è né di Bersani né di Renzi, ma di milioni di persone. Rispettiamoci. Rimandando la questione della leadership a un altro a tempo».
Sempre Repubblica: La sinistra ha ormai designato leader Pietro Grasso. Il presidente del Senato tenta di mettere al riparo il suo ruolo di arbitro e per ora fa sapere: «Ascolto». Tuttavia nella complicata road map che porterà alla lista della sinistra unita – alla fine di un cantiere che inizia nella prossima settimana con le 100 assemblee provinciali di Mdp, prosegue con la riunione nazionale del 19 novembre e si concluderà con i “caucus” dei primi giorni di dicembre – c’è Grasso. E il partito di Pietro Grasso conta molti sostenitori, non solo Mdp di Pierluigi Bersani e Roberto Speranza, oltre a Sinistra italiana di Nicola Fratoianni e di Nichi Vendola, a Possibile di Pippo Civati e al movimento di Tomaso Montanari e Anna Falcone. C’è anche Giuliano Pisapia con Campo progressista che domani svelerà la scelta. “Domani l’ex sindaco annuncerà l’adesione al fronte anti-Renzi”, si legge. “In Toscana, a Torino e in Sicilia altre fuoriuscite dai dem”. Spunta però il documento della minoranza che fa capo al Guardasigilli Andrea Orlando, nel quale si chiede una cesura nella politica economica sull’altare della tregua con Mdp. Poi, però, c’è anche la realpolitik, scrive Massimo Franco sul Corriere. «Avremo comunque una coalizione che non varrà meno del 30 per cento», è però convinto Renzi. La Stampa: Ormai il presidente del Senato parla come un esponente politico che è sceso in campo. «Finora abbiamo raccolto la somma delle varie sigle, da Mdp a Sinistra italiana e sono intorno al 6,5%», spiega Fabrizio Masia di Emg. «A nostro avviso il potenziale è tra il 9 e il 10%». Intanto a Ostia la politica sbanda – scrive Il Messaggero – lo scontro tra i partiti è frontale. Alla manifestazione di oggi pomeriggio contro la mafia il Pd non ci sarà, la sinistra sì. M5S, sindaca Virginia Raggi in testa, al gran completo, per il centrodestra ha aderito solo Forza Italia. Il rischio flop è dietro l’angolo: i residenti di Ostia non sembrano interessati. In occasione del ballottaggio i seggi saranno blindati: il Viminale ha disposto controlli con militari dentro e fuori le sezioni. I pm: Spada ha un profilo da boss.
Politica estera
La Brexit per legge. May fissa l’ora X. Il Corriere della Sera: “La Brexit sembra tornata in bilico. Tanto che Theresa May, per evitare imboscate, annuncia che metterà la data di uscita dall’Unione europea nero su bianco nel testo di legge in discussione sul ritiro dall’Ue: il 29 marzo del 2019, per la precisione alle undici di sera, la mezzanotte in Europa. La scadenza era già nota. Londra ha consegnato a Bruxelles il 29 marzo scorso la lettera in cui invocava l’Articolo 50 dei Trattati comunitari, quello che regola la procedura di uscita dalla Ue di uno Stato membro: e i Trattati prevedono un tempo massimo di due anni per portare a termine la trattativa. Dunque a marzo 2019 la Gran Bretagna si troverà automaticamente fuori dall’Unione. Ma a Londra da qualche tempo ha cominciato a crescere di intensità il coro di quelli che pensano che sarebbe opportuno fare marcia indietro. A Londra cresce la fronda anti Brexit. E Bruxelles: chiarezza, o negoziati a rischio”.
Trump-Putin. La Stampa: “Stati Uniti e Russia stanno negoziando il futuro della Siria, dopo la sconfitta dell’Isis, ma non hanno ancora trovato un accordo. Questo è il motivo principale per cui l’incontro di ieri tra i presidenti Trump e Putin è saltato, sullo sfondo dell’inchiesta per l’ingerenza di Mosca nelle presidenziali del 2016, che si avvicina sempre di più al capo della Casa Bianca. I due leader erano a Danang, in Vietnam, per il vertice Apec. Si sono stretti la mano, e durante la foto di rito dei partecipanti al summit erano fianco a fianco. Finora però l’incontro bilaterale formale, che il presidente americano aveva auspicato all’inizio del viaggio asiatico per discutere la crisi nordcoreana, non è avvenuto.
Bonino su Repubblica. «Il silenzio del governo su questa vergognosa tragedia umana è forse la cosa più dignitosa, un’ammissione di un problema reale». All’indomani della ricostruzione di Repubblica del retroscena del “soccorso conteso” tra Ong e Guardia costiera libica di un gommone naufragato che ha fatto più di 50 vittime, Emma Bonino va dritto (…) Anche a costo di mettere in discussione il progetto di una lista radicale alleata con il Pd alle prossime Politiche. «Di fronte a queste catastrofi non me ne frega proprio niente. Sono mesi che mi sgolo criticando questo accordo inaccettabile con la Libia che ha solo creato un tappo che, per altro, come era ampiamente prevedibile, si è dimostrato non essere neanche a tenuta stagna». L’ex ministra radicale insiste: “Inaccettabile il patto con la Libia. Il governo dice di aver fermato gli sbarchi ma ne muoiono di più”. “Nessun accordo col Pd se non cambia linea sui migranti”.
Economia e finanza
Manovra/la rivoluzione del Fisco. Dal Corriere: “In Senato sono state presentate 4 mila richieste di modifica della legge di Bilancio: tra le altre, il ritorno del bonus bebè, l’aumento della tassa sul fumo per finanziare i farmaci oncologici, la modifica delle normative sulle pensioni. Ieri è però emerso il caso della tassa sui rifiuti: molti Comuni l’avrebbero gonfiata in modo illegittimo con un calcolo maggiorato per le pertinenze”.
Per la fine della dichiarazione dei redditi è iniziato il conto alla rovescia. Diventerà un residuato storico. Lo promette in un’intervista a Repubblica il nuovo direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Ruffini. D.: Abolire la dichiarazione dei redditi (…) A quando (…) ? R.: «Direi 5 anni. Trattandosi di un’operazione complessa ritengo che l’orizzonte possibile per l’entrata a regime sia questo». «L’Italia ha, senza dubbio, un numero di imposte superiore alla media europea. In Svizzera ci sono 25 leggi fiscali, la Germania ha 35 testi unici. Noi abbiamo 388 leggi e 396 decreti attuativi. Solo il testo unico delle imposte sui redditi ha 76 mila parole. Dal 1994 il numero di caratteri è più che raddoppiato. Dal 1986 ha subito 1.200 modifiche (…) Si ha la sensazione che la burocrazia viva in una dimensione diversa da quella reale, e funzioni solo per giustificare la propria esistenza in vita”.
Banche. Il Corriere della Sera: “Il giorno dopo lo scontro in commissione banche tra Banca d’Italia e Consob, il Pd chiarisce che il suo obiettivo non è il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, indirettamente chiamato in causa nelle audizioni sulla Popolare di Vicenza nel periodo in cui guidava Banca d’Italia (…) E’ il capogruppo dem Ettore Rosato a chiarire a prima mattina la linea del partito: «Quanto è emerso conferma i contenuti della mozione Pd che, ricordo, non era contro la conferma di Visco (…) ma chiedeva una discontinuità di atteggiamento in materia di vigilanza». Al Pd, insomma, basta che sia emerso che «la vigilanza non è stata fatta come andava fatta». Sentenzia Rosato: «Chi ha sbagliato, paghi (…) «Chi non vuole far andare avanti il lavoro della commissione di inchiesta tira fuori il nome di Draghi proprio per evitare che si vada avanti». Ma soprattutto: «Draghi è una persona che ha lavorato con grande capacità, sta facendo un ottimo lavoro nella Bce e ha fatto un ottimo lavoro da Governatore» di Bankitalia, quindi trascinarlo in questa discussione è assolutamente strumentale»”. La Stampa: Draghi replica a chi lo chiama in causa per l’allarme ignorato sulle banche venete: «Fatto quel che andava fatto». Dietro la rottura Visco-Renzi il caso banca Etruria. Braccio di ferro in commissione sulle deposizioni di Zonin e Consoli. Il Corriere: “Casini e la commissione-tribuna. «Non sia un gioco allo sfascio»”. “L’appello di Casini è una sorta di warning: da presidente della commissione sulle banche si attiene al ruolo super partes, ma da politico osserva il gioco (pericoloso) dei partiti. Non solo c’è una grande differenza tra «accertare le anomalie di un sistema e far saltare il sistema», il punto è che il confine tra l’una e l’altra cosa è sottile. E chi ha il compito di guidare l’inchiesta decisa dal Parlamento non nasconde la sua preoccupazione nei conversare riservati. È uno stato d’animo che accomuna peraltro le massime cariche dello Stato (…) Trasformare la commissione in una tribuna, per di più in prossimità delle elezioni” è un rischio.
Dalla prima del Sole 24 Ore sempre in tema di banche: “Le ultime trimestrali evidenziano come le banche italiane accelerino nella pulizia dei portafoglio crediti nel complesso, i dieci maggiori istituti hanno messo in conto di ridurre l’incidenza dei crediti deteriorati di circa 60 miliardi entro tre anni sugli oltre 200 miliardi in portafoglio”.