Politica Interna
Sfiducia a Lotti. La mozione di sfiducia individuale contro il ministro dello Sport Luca Lotti (Pd), indagato per rivelazione di segreto d’ufficio nell’inchiesta Consip, verrà discussa e votata mercoledì 15 marzo al Senato. Grazie ai 42 senatori di Forza Italia e all’«assenza» dei 14 «scissionisti» che hanno seguito Bersani, il Pd ha i numeri per respingere l’attacco frontale dei grillini (sostenuti soltanto da Sel e dalla Lega). Ma, per il governo, quella che ci separa dal voto si annuncia come una settimana di passione. I 14 bersaniani di Mdp (Democratici e progressisti), pur ribadendo fedeltà alla maggioranza, hanno invitato Lotti a dimettersi perché così hanno fatto in passato, su richiesta dell’ex premier Renzi, almeno tre ministri: Idem, Lupi e Guidi. E poi c’è il caso Cancellieri (il ministro della Giustizia del governo Letta sulle cui dimissioni Renzi esercitò, non ottenendole, un forte pressing. Il rischio di un voto parlamentare che porti alle dimissioni del ministro dello Sport, Luca Lotti, è comunque piuttosto basso.
PD. Le primarie del Partito Democratico sono lontane, a fine aprile, ma già oggi riempiono di sé il dibattito politico. Sottovalutarle sarebbe sbagliato, perché si parla della sorte di un partito in crisi, è vero, prostrato dalla recente scissione, ma pur sempre asse del sistema. Almeno fino alle prossime elezioni politiche del 2018. Renzi sta tentando la mossa estrema per rilegittimarsi. L’unica di cui può disporre. Può riuscirci, ovviamente, ma deve mobilitare la massa dei suoi sostenitori, una parte dei quali votano o votavano Pd mentre molti altri battono le mani al “partito del capo”. Cioè si riconoscono solo nella sua leadership, senza filtri e mediazioni, e sono persino lieti che il gruppo degli scissionisti si sia tolto di mezzo. Matteo Renzi torna al Lingotto ma la scelta del posto può generare un equivoco perché evoca un sistema e un modello politico che oggi sono in dissolvenza. Se 10 anni fa il “nucleo” del Pd era – come la chiamò Walter Veltroni – la vocazione maggioritaria in un sistema maggioritario, oggi le carte in tavola sono del tutto cambiate. Colpa della sconfitta del referendum, vero, ma colpa anche dei partiti e del Pd in primo luogo che sembra già essersi arreso a una nuova stagione proporzionalista.
Politica Estera
WikiLeaks. La stabilità perduta dei servizi Usa rischia ora di compromettere legittime missioni di sicurezza nazionale. La saga dell’intelligence americana esplode nuovamente in una crisi aperta. Già impegnata in una guerra domestica di attrito con il Presidente Donald Trump, ora è finita nuovamente sotto attacco dall’esterno, da WikiLeaks. E la stabilità perduta dalla Cia e dalle sue agenzie sorelle si allontana ancora, sollevando – accanto a nuovi e intensi dibattiti su privacy e diritti nell’era della connettività assoluta – interrogativi anche sui rischi che possano venire scosse o compromesse legittime missioni di sicurezza nazionale. L’organizzazione di Julian Assange ha annunciato un nuovo colpo a effetto: la pubblicazione di migliaia di documenti della Cia che, a suo dire, descriverebbero l’uso di sofisticati strumenti per violare e intercettare gadget e comunicazioni, compresi smartphone, computer e tv intelligenti collegate a Internet. Rivelazioni, per impatto, potenzialmente paragonabili o superiori agli grandi recenti shock, dai documenti portati alla luce da Chelsea Manning a quelli denunciati da Edward Snowden. WikiLeaks, presentando la prima puntata «Vault 7», ribattezzata «Anno Zero», ha annunciato che altre rivelazioni seguiranno nei prossimi giorni.
Migranti. «Sto organizzando una serie di incontri ai massimi livelli in Libia. E ho chiesto agli amici della Federazione Russa di darmi una mano per questo obiettivo». Matteo Salvini è galvanizzato. L’essere stato ricevuto, lunedì a Mosca, dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov è per il segretario leghista un riconoscimento quasi insperato. E ha ritwittato il comunicato dell’incontro emesso dal ministero russo. Lavrov è «uno da cui chiunque deve andare a scuola. E’ da tredici anni il capo della diplomazia russa, e non è nemmeno arrivato con Putin. Una figura di straordinaria levatura. Vent’anni fa, la Lega invitava Zhirinovsky, mi pare abbiamo fatto un bel salto». Scusi: ma Iei che intende fare in Libia? «Per dare tranquillità ai nostri confini è necessario un patto Italia-Libia così come c’era in passato. L’Onu ha scelto come interlocutore Fayez Serrai. Il problema è che Serraj non controlla la situazione neanche a Tripoli. E così, nei primi mesi dell’anno gli sbarchi sono raddoppiati. Io credo che sia necessario parlare con tutte le parti in causa e cercare di concordare una soluzione». In Ungheria invece ci sarà la detenzione automatica per chiunque chieda asilo entrando in territorio ungherese. È legge da ieri mattina, votata dalla Orszagház (casa della nazione, Parlamento magiaro), dominato dalla Fidesz, partito del popolare premier nazionalconservatore Viktor Orbán, liberamente eletto e rieletto al potere. «E’ una decisione contro la Ue, lo so ma siamo assediati, e una prossima grande ondata migratoria è vicina», egli ha detto.
Economia e Finanza
Fca. Sergio Marchionne rilancia l’idea di Volkswagen come possibile partner, ma non trascura la vecchia passione per Gm – anche che quest’ultima tiene la porta chiusa a ogni forma di dialogo. «Volkswagen subirà l’impatto maggiore della fusione Peugeot-Opel e ha sicuramente altri problemi. Ma sono sicuro che al momento giusto tornerà a bussare alla nostra porta per fare due chiacchiere». Così si espresso l’amministratore delegato di Fiat Chrysler al Salone di Ginevra su possibili contatti con il colosso tedesco. Ma quella di oggi è una Fiat diversa, una Fiat che punta molte carte sui marchi di gamma alta (Maserati, Alfa Romeo e Jeep). L’ad di Fca ha annunciato novità produttive: a Pomigliano arriverà un modello Alfa Romeo, o Maserati, per rimpiazzare la Panda che andrà via nel 2019- 2020. La differenza tra un’utilitaria e un’auto premium? «Non è la dimensione, è il margine». dice Sergio Marchionne.
Voucher. L’accordo sui voucher è quasi fatto, questione di un ultimo dettaglio. Come annunciato nei giorni scorsi la risposta che il governo metterà in campo per rispondere al referendum promosso dalla Cgil prevede di ripristinare le norme introdotte dalla legge Biagi e quindi di circoscrivere l’utilizzo dei buoni lavoro alle sole attività occasionali, ai piccoli lavoretti e alle famiglie. Quindi verrà modificato anche il tetto massimo di spesa assegnato ad ogni committente che dai 7 mila euro verrà riportato a 5 mila. Tassativamente escluso l’utilizzo dei voucher nell’ambito della pubblica amministrazione, fatti salvi casi straordinari come le iniziative di solidarietà, le calamità e le emergenze. Resta un solo nodo da sciogliere nella proposta di legge che dovrebbe disinnescare il referendum sui voucher: includere o meno le microimprese? Il governo scommette sul tavolo con i sindacati, in programma domani.