Politica interna
Pd, escluso il voto a giugno ma permangono tensioni. Repubblica: “Scartata l’ipotesi del voto a giugno, la prima mossa di Matteo Renzi dopo aver stretto un patto con Dario Franceschini, blindando così la sua maggioranza in vista del congresso anticipato, è stata ieri un incontro riservatissimo con Giuliano Pisapia”. “Accordo sul voto a settembre”, si legge. E sulla e-news: “Con il congresso tolgo alibi al ricatto della scissione”. Massimo Franco sul Corriere: “La scissione tutti cercano o fingono di volerla evitare. La sequela di riunioni, documenti unitari, appelli a non dividersi, è tipica di chi si rende conto di dover rispondere all’opinione pubblica; e spiegare dinamiche autodistruttive difficili da motivare a pochi mesi, al massimo un anno dal voto. Ognuno nel Pd tende a dimostrare che la subisce, non la provoca. Eppure, la fretta di Renzi lascia trasparire una gran voglia di resa dei conti finale. Il segretario dem infatti sembra sempre più convinto che solo andando al congresso prima delle Amministrative di maggio potrà controllare il partito; e dunque formare le liste dei candidati alle elezioni. Sa di essere il garante di una nomenklatura pronta a seguirlo. Avere i capilista bloccati significa «designare» un bel numero di eletti. Non per nulla ieri la minoranza ha raccolto una sessantina di firme chiedendo che la norma sia cambiata”. Folli: “La scissione della sinistra del Pd – se davvero si consumerà – ha bisogno di buoni argomenti davanti al tribunale dell’opinione pubblica. Finora nessuno o quasi ha capito quali siano le vere e improcrastinabili ragioni per cui il Pd non è più «la nostra casa», come diceva Bersani fino a poco tempo fa”. Fassino sul Messaggero: «Francamente non riesco a capacitarmi. D’Alema e Bersani hanno sempre contrastato scissioni, al massimo le hanno subite, non hanno mai favorito operazioni minoritarie, le hanno contrastate, entrambi hanno contribuito a fare il Pd, sarebbero in sostanza non coerenti con la loro storia e con le battaglie che hanno sempre fatto». Emiliano su Repubblica: “Mi sforzo di evitare lo strappo ma la divaricazione forse è insanabile, gli elettori hanno perso la speranza. Tre candidati per la minoranza? Fate conto che è già come fosse uno solo. C’è posto anche per il quarto: Orlando. Obiettivo 2018: l’ex premier continua a correre come un matto, ma non sa dove va. Noi vogliamo arrivare al 2018 con Gentiloni. Sulla definizione di grillino Dem: Io il “grillino del Pd”? Forse perché eletto in una civica mi sento cittadino comune più che politico”. Infine: Orfini reggente dopo le dimissioni di Renzi e modifica allo statuto: al tesoriere Bonifazi il logo. Sabato l’adunata promossa dal tridente Speranza-Emiliano-Rossi, in cui la carta del divorzio verrà lanciata sul tavolo. Lunedì dopo l’Assemblea l’addio a Matteo: costretti a rompere. E un sondaggio realizzato dalla Stampa sulla popolarità in caduta libera del Pd evidenzia: solo un italiano su tre pensa che il partito possa vincere le elezioni.
M5S/Centrodestra. Repubblica: L’inchiesta per abuso di ufficio della Procura di Roma che tiene insieme la sindaca Virginia Raggi, il suo ex capo della segreteria Salvatore Romeo e l’ex capo del personale del Campidoglio Raffaele Marra squarcia un nuovo velo di segretezza. E la storia prende ora un ennesimo giro. Due i fatti nuovi. Il primo: le polizze sulla vita accese da Salvatore Romeo «a beneficio e insaputa» di Virginia Raggi sono tre. Non due, come noto sin qui. E la terza, di 8 mila euro, è stata accesa da Romeo il 26 gennaio scorso, quarantotto ore dopo la notifica dell’avviso a comparire alla Raggi. Il secondo: Salvatore Romeo era titolare di una cassetta di sicurezza che venne completamente svuotata il 19 dicembre 2016, un lunedì. Primo giorno utile dopo l’arresto di Raffaele Marra, entrato a Regina Coeli con l’accusa di corruzione il venerdì precedente, il 16 dicembre. Lo scenario che si apre con queste due nuove circostanze. Il Giornale: Berlusconi torna a Roma e si ributta nella mischia. Vuole preparare la rivincita ma non ha fretta. Un passo alla volta. Il primo è quello della legge elettorale. Proprio per questo oggi il Cavaliere riunirà la commissione azzurra formata da Renato Brunetta, Paolo Romani, Niccolò Ghedini, Lucio Malan, Roberto Occhiuto, Andrea Orsini e Gregorio Fontana. L’obiettivo del pool è quello di approfondire la questione e cominciare una trattativa con tutti gli altri partiti, seguendo gli input del leader. Il quale ha le idee ben chiare sul tema. Il faro è la «linea Mattarella»: garantire cioè, la piena corrispondenza fra maggioranza degli elettori e maggioranza degli eletti, in modo da assicurare la massima rappresentatività al nuovo Parlamento. Ergo si fa il tifo per il proporzionale perché con un sistema maggioritario, nell’attuale schema tripolare, rischia di dettare legge una minoranza, aumentando il distacco tra classe politica e Paese reale. Le alleanze: «Con la Lega penso che si possa e si debba andare d’accordo. D’altronde in Lombardia Maroni governa bene con noi e pure con l’alfaniano Lupi», giura Romani. Il quale, a proposito di Ncd, poi rivela: «E’ difficile che Alfano torni ma gran parte del suo partito potrebbe riunirsi a noi con una proposta comune».
Economia e finanza
L’Europa chiede stress test sui «level 3». Il Sole 24 Ore: Il Parlamento europeo bacchetta il Meccanismo unico di Vigilanza (Ssm, Single Supervisory Mechanism) su una gestione giudicata fino ad oggi poco trasparente. Ma soprattutto chiede all’Ssm di migliorare gli stress test e di mettere in particolare nel mirino gli asset di livello 3, auspicandone così una netta riduzione. Ieri il Parlamento europeo, in seduta plenaria, ha votato, approvandolo, il rapporto dell’Europarlamento sull’Unione bancaria 2016. Un vero cahier de doléances, in cui si sottolineano gli aspetti positivi ma anche tutte le lacune del progetto dell’Unione Bancaria. Al centro della proposta di risoluzione una serie di suggerimenti rivolti in particolare all’Ssm. Nulla di vincolante, sia chiaro. Ma da Bruxelles arrivano chiare indicazioni su una serie di temi – dagli Npl alle prassi di vigilanza – di cui Francoforte difficilmente non potrà non tenere conto. Il contributo italiano a Bruxelles: decisivi il pressing dell’Abi e di Gualtieri, presidente di commissione all’Europarlamento. Sempre in tema di banche oggi il Sole intervista l’Ad di Pop Vicenza Fabrizio Viola. «Entro settembre bisogna realizzare fusione e aumento, seguiti dal deconsolidamento degli Npl». «Valuteremo anche l’intervento dello Stato». «Il mio auspicio è che la banca resti privata e che Atlante mantenga la posizione di azionista di maggioranza». Ancora: «Le decisioni sul capitale dipendono dalle scelte della Bce sul business plan relativo alla fusione». La proposta di conciliazione: «Finora abbiamo il 30% di adesioni definitive, il 62% di manifestazioni d’interesse e l’8% di rifiuti». Si informa poi che il Senato prepara la commissione d’indagine. Il testo base in Aula per la prossima settimana. Sì alla fiducia sul «Salvarisparmi», oggi sarà legge. Infine mercati. I prezzi al consumo negli Usa in gennaio sono saliti dello 0,6%, il doppio delle attese.
Privatizzazioni/Rapporto Ocse. Nel giorno in cui la Banca d’Italia annuncia l’ennesimo record annuale del debito, giunto a fine 2016 a 2.217 miliardi di euro, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, difende le privatizzazioni, non viste di buon occhio da tutti nel PD: dismissioni per ridurre il debito, timori sabagliati. Anche il viceministro Morando sul capitolo privatizzazioni è netto: vanno fatte. Rapporto Ocse certifica la ripresa italiana, con un target di crescita dell’1% nel 2017 e 2018 ma la disoccupazione giovanile rimane al 40%. Quattro le sfide per l’Italia: la produttività, il risanamento bancario, il mercato delle competenze e la lotta alla povertà.
Politica etera
Usa, lo strappo con Israele. Il Corriere: Medio Oriente, arriva lo strappo di Trump. Nell’incontro con il primo ministro israeliano Netanyahu, il neopresidente degli Usa rompe con decenni di politica estera americana rispetto alla strategia dei due Stati e la richiesta di un’entità palestinese indipendente accanto a Israele: «Non contano uno o due Stati, conta la pace». Intanto il dossier russo agita la Casa Bianca dopo le dimissioni di Michael T. Flynn da consigliere per la sicurezza nazionale. Per il presidente Trump le fughe di notizie sono «atti criminali». La Stampa su questioni di spionaggio: Alti dirigenti della campagna presidenziale di Donald Trump sono stati in costante contatto con agenti dei servizi segreti russi, durante tutto il processo elettorale dell’anno scorso. Lo hanno rivelato al New York Times fonti dell’intelligence americana, allargando così lo scandalo che ha costretto alle dimissioni il consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn. Rampini: Dimissioni, faide, sospetti infamanti, regolamenti di conti fra il presidente e la sua intelligence, una politica estera che sbanda paurosamente. La Putin-connection si allarga ben oltre l’agnello sacrificale Michael Flynn (dimissionato), i contatti pericolosi fra l’entourage di Trump e lo spionaggio russo sono al centro di rivelazioni-shock. Il summit con Benjamin Netanyahu viene parzialmente oscurato, anche se è l’occasione di un ennesimo strappo alla tradizione della diplomazia americana «Israele e Palestina, uno Stato o due Stati? Per me è la stessa cosa», dice Trump.
Oggi il primo ministro Trudeau interviene al Parlamento di Strasburgo. Il Sole: La visita in Europa del primo ministro canadese Justin Trudeau che oggi parlerà dinanzi al Parlamento a Strasburgo non potrebbe caricarsi di maggiori aspettative. Il suo discorso, centrato sull’importanza del libero commercio e sull’esigenza di inquadrare i rapporti tra gli Stati in una cornice multilaterale, segue il voto favorevole di ieri dei parlamentari europei sul Ceta, l’accordo di libero scambio e cooperazione economica tra Ue e Canada. Quest’ultimo è tra i pochissimi Paesi dell’Occidente a difendere con forza e coerenza i valori liberali. Quando altri chiudono, o minacciano di chiudere, le frontiere agli immigrati e ai rifugiati, lui le apre. In tema di globalizzazione si vuole segnalare l’intervista della Stampa ad Antonio Guterres, Segr. Gen. Onu. Su Italia, Europa e migranti: “L’idea dovrebbe essere evitare l’esistenza dei rifugiati, che significa aumentare la capacità di prevenire e risolvere i conflitti. Detto ciò, ho sempre pensato che in una Ue che nel 2016 ha ricevuto circa un milione di persone, cioè il 2% della sua popolazione, questo fenomeno poteva essere gestito, se ci fosse stato un investimento importante nelle aree di accoglienza. Ciò significa alloggio, amministrazione, controlli, inclusi quelli per la sicurezza, e poi la capacità di distribuire le persone nei diversi Paesi europei, su base proporzionale in relazione alle capacità. Se fosse stato fatto, sarebbe stato relativamente facile gestire il fenomeno, e non avremmo avuto questo drammatico impatto sull’opinione pubblica”. Negli Usa c’è una nuova amministrazione, e la bozza di un ordine esecutivo per il presidente Trump chiede di tagliare del 40% i fondi all’Onu. Guterres: «Non ci sono ordini firmati. Io non rispondo alle cose che non esistono, farlo può creare le condizioni perché esistano».