Politica interna
Tenuta governo Gentiloni. <Sulla durata del governo decide Gentiloni>, aveva detto sibillino Matteo Renzi domenica scorsa in tv. Una settimana dopo, Paolo Gentiloni gli comunica, sempre in tv, che ha deciso: il suo esecutivo dura fino a febbraio 2018, la fine regolare della legislatura. L’asse Gentiloni-Mattarella ha deciso che il percorso è questo, che non si può scrivere il Def, il documento di programmazione economica, senza collegarlo direttamente alla legge di bilancio (da presentare a metà ottobre), che va pensata un’agenda di riforme con il passo più lungo del giorno per giorno. Poi c’è il pressing europeo per avere garanzie sulla stabilità dell’Italia: si è fatto sempre più forte e insistente. Cosi come una pressione interna del mando economico e imprenditoriale. Compresi quelli che hanno votato Sì al referendum di dicembre, osservano a Palazzo Chigi. Cioè, a favore di Renzi. In questi sette giorni si è abbattuta anche la tempesta giudiziaria che investe il giglio magico e il padre dell’ex segretaria, Tiziano. Una coincidenza. Non il fattore determinante per il cambio di passo di Gentiloni. Tanto che il premier Paolo Gentiloni interviene personalmente in difesa del ministro Luca Lotti, indagato per rivelazione di segreti d’ufficio. «La mia fiducia nei suoi confronti – precisa in tv – resta immutata e mi auguro lo sia anche quella del Parlamento. Vedo moltissime indiscrezioni circolare, ma vige il principio della presunzione di innocenza». Quanto al ruolo della Consip, dopo aver auspicato che i giudici completino rapidamente l’indagine facendo «chiarezza», Gentiloni osserva che l’organismo serve a far risparmiare lo Stato sugli appalti ma «è molto grave se in questa roba si inserisce la corruzione, come sembra dall’inchiesta».
Il caso Lotti scuote anche il Congresso. Indagati e magistrati, inchieste e colpi bassi: ecco il menù dello scontro della campagna per le primarie del Pd. A tenere alta la tensione tra i candidati ci pensa Michele Emiliano, ospite di “In mezz’ora”: «Orlando è persona onesta, ma è in situazione di potenziale conflitto di interesse — attacca il candidato — in quanto esercita da ministro della Giustizia il potere disciplinare sui magistrati che stanno indagando sul caso Consip». Di più, questo potere lo esercita anche «su di me», sostiene riferendosi al provvedimento disciplinare in discussione al Csm che lo riguarda in quanto giudice fuori ruolo. «Questa situazione— tira le somme Emiliano — pesa sugli elettori del Pd». Non c’è dubbio, in effetti, che la guerriglia interna in atto da settimane renda cupo l’umore dei militanti dem. Un clima che gli affondi di Emiliano non contribuiscono a migliorare. Il governatore se la prende naturalmente con Renzi, ma stavolta in tv non risparmia anche nuovi bersagli. «I supporter di Orlando come Napolitano e Macaluso — sostiene — insistono nel dire che essere magistrati è una nefandezza, mentre per me è un onore. Un magistrato in aspettativa— aggiunge —ha il diritto di fare politica». Dichiarazioni che fanno infuriare i diretti interessati. (…) <Emiliano chiede che mi faccia da parte? Tenta di proporsi come alfiere dell’intransigenza antirenziana dopo essere stato renzianissimo>, dice al Corriere Andrea Orlando, il ministro in corsa per la segreteria pd.
Economia e finanza
Governo Gentiloni e riforme. La sua massima ambizione è quella che il governo sia «rassicurante». Il suo obiettivo è anche che l’esecutivo non venga percepito come provvisorio. E per questo il premier Paolo Gentiloni rilascia una lunga intervista con Pippo Baudo a Domenica In. Il premier, imbeccato da Baudo, ribadisce di essere un «moderato»: «Ma non nel senso di uno che non decide». Gentiloni vuole «restituire sicurezza e fiducia» agli italiani e parla di lavoro: «Il nostro obiettivo è un ulteriore abbassamento delle tasse sul lavoro». Ma anche di Sud: «Ci sono state nefandezze nel passato, Cassa del Mezzogiorno e cattedrali nel deserto. Ma c’è ancora bisogno di iniziative speciali per il sud». Tra le «riforme rimaste nel cassetto» da varare presto, ci sono il processo penale e la legge sulla concorrenza. «Ora il governo deve darsi un passo di riforme più strutturale. Penso a lavoro, Mezzogiorno, riforme come quella del processo penale, legge sulla concorrenza, legge sulla povertà per la protezione delle famiglie in difficoltà a cui dobbiamo dare un ombrello di protezione sociale». Ecco allora una nuova lista di priorità. Tra cui spicca una mossa di politica economica: «L’obiettivo del prossimo Documento di Economia e Finanza è un ulteriore abbassamento delle tasse sul lavoro: dobbiamo rendere gli investimenti sul lavoro più vantaggiosi». E ancora, dice , «credo servano ancora iniziative speciali per il Sud» .
Manovra correttiva. Bisogna convincere l’Europa che in Italia «le riforme non si sono fermate», dice il presidente del Consiglio. Gli ambiziosi obiettivi programmatici illustrati da Paolo Gentiloni in tv a Domenica In, vogliono certamente mandare un messaggio «rassicurante» all’interno. Ma sono anche l’unico modo per affrontare la complessa trattativa con Bruxelles. Gentiloni e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sanno che solo facendo leva su un pacchetto di riforme per la crescita dell’economia si potrà spiegare alla Commissione europea che il nostro Paese, ancora una volta, dovrà rivedere al rialzo le stime del deficit 2018. Che non potrà più essere pari all’1,2% del prodotto interno lordo, come indicato nel Documento programmatico di bilancio trasmesso solo lo scorso ottobre a Bruxelles. Probabilmente si avvicinerà al 2%: comunque meno del 2,1 previsto per quest’anno e ben sotto II 3% imposto dalle regole europee. (…) Un taglio di cinque punti percentuali sul cuneo fiscale dalla prossima legge di Bilancio. E’ l’ipotesi che il governo sta prendendo in considerazione e che potrebbe cominciare a prendere forma in aprile, con il Def. I vantaggi andrebbero a beneficio sia dei datori di lavoro che dei lavoratori, che avrebbero una busta fiscale più pesante. Un progetto elaborato sulla falsariga dell’ipotesi messa a punto dal governo Renzi lo scorso anno, e che arrivava a ipotizzare fino a 6 punti di taglio del costo del lavoro.
Politica estera
Fillon raduna i fan: «Resto in corsa»/Intervista a Françoise Hollande. Nella bufera per la moglie assunta come assistente parlamentare, sempre meno sostenuto dal suo partito, il gollista François Fillon raduna migliaia di fan a Parigi e ribadisce: «Correrò per l’Eliseo». Per la prima volta dopo un mese e mezzo di sventure ecco un piccolo grande colpo di fortuna per François Fillon: la grandine annunciata dalle previsioni meteo tarda a cadere, e decine di migliaia di persone possono radunarsi in piazza del Trocadéro per sostenere il loro candidato «perseguitato da giudici e media». Fillon, abbandonato da gran parte del partito, si rivolge al popolo e chiede a lui l’assoluzione che i magistrati sembrano volergli negare. <Vi sembro solo?> ha chiesto retoricamente davanti alla folla in place Trocadéro: duecentomila partecipanti secondo gli organizzatori, quarantamila secondo la polizia. Un’inedita prova di forza a poche settimane dal voto ma anche lo spettacolo di una destra mai così divisa. L’ex premier ha denunciato una <caccia all’uomo>, con una polemica allusione ai <disertori> nel suo campo, i tanti dirigenti del partito che negli ultimi giorni si sono dissociati dalla campagna elettorale. (…) (…) Presidente Hollande, una vittoria di Marine Le Pen sarebbe un pericoIo mortale per l’Europa? <La minaccia esiste, l’estrema destra non è mai stata così forte da 30 anni. Ma la Francia non cederà. E’ consapevole che il voto determinerà non solo il destino del nostro Paese, ma anche l’avvenire della costruzione europea, perché – se per caso dovesse affermarsi – la candidata del Fn si impegnerebbe in un processo di uscita da Eurozona e Ue. È l’obiettivo dei populisti: lasciare l’Europa, isolarsi e immaginare un avvenire circondati da barriere e frontiere difesa da guardie armate>.
Scontro Turchia-Germania. Nessuno può prevedere come finirà lo scontro tra Turchia e Germania sui comizi pro-referendum costituzionale che i politici turchi dovevano tenere sul suolo tedesco, cancellati per motivi di ordine pubblico. Berlino sembrava intenzionata a gettare acqua sul fuoco fino a ieri quando il presidente turco Erdogan, durante un discorso a Istanbul, ha insultato pesantemente il popolo tedesco: «Germania, tu non hai niente a che fare con la democrazia. Queste vostre pratiche odierne non sono affatto differenti da quelle del nazismo del passato. Pensavamo fossero finite, ma ci sbagliavamo». La cancelliera Angela Merkel, per ora, ha preferito non replicare. «Il sultano è sfacciato – ha replicato la numero due della Cdu, Julia Kloeckner – sta reagendo come un bambino testardo che non riesce ad averla vinta». Ma Berlino e Ankara non possono permettersi una rottura diplomatica. A parte l’accordo sui migranti, fortemente voluto dall’Europa, in ballo ci sono gli interscambi commerciali (la Germania è la prima destinataria dell’export turco) e la coesistenza nella Nato.