Politica interna
Il rebus candidature e l’ultimo appello di Gori. «Io sono convinto che il Pd non può che tornare a crescere e che i cinquestelle caleranno. Perché nei collegi avranno forza di traino i nostri candidati, che sono migliori. Quindi il Pd può arrivare al 27 e i grillini al 25 per cento». Matteo Renzi pone grande attenzione alle liste, sicuro del fatto che saranno proprio le sfide dei collegi a trainare il voto proporzionale. Partendo dall’alto, il segretario ha incassato in queste ore l’ok del premier a candidarsi nel collegio di Roma. Intanto Giorgio Gori non si rassegna a correre da candidato di un centrosinistra diviso per la presidenza della regione Lombardia. E, dopo le frasi razziste del suo antagonista di centrodestra Attilio Fontana, lancia un appello – se non ai vertici di Liberi e uguali – agli elettori di sinistra: “Io continuerò fino al 4 marzo a rivolgermi ai loro possibili elettori. Perché sono convinto che sono più le cose che li avvicinano al programma della sinistra che rappresento che non le divisioni del gioco politico”.
Fontana sotto accusa. Attilio Fontana, il candidato del centrodestra alle regionali in Lombardia, è sotto accusa: «La razza bianca rischia di sparire» dice e si scatenano le reazioni. Poi l’ex sindaco di Varese corregge il tiro”. «Dobbiamo decidere se la nostra etnia, la nostra razza bianca, la nostra società devono continuare a esistere o se devono essere cancellate». Attilio Fontana parla agli ascoltatori di Radio Padania. II candidato presidente del centrodestra lombardo argomenta sul contrasto all’immigrazione. Poi, gli esce la frase incriminata: parla, appunto, di «razza bianca» e del rischio di «sostituzione etnica». Fontana parla domenica mattina, ma il contenuto del suo discorso alla radio leghista si diffonde ieri grazie al blogger Daniele Sensi. E le reazioni montano come un’onda. E’ un linguaggio che Berlusconi non accetta: ritiene che danneggi la sua campagna elettorale contro l’immigrazione. Quella «frase infelice» rischia di dare una curvatura sbagliata alla già dura posizione di Forza Italia.
Economia e finanza
Flat tax. Girano a pieno regime i dossier fiscali nel cantiere del programma del centrodestra, in vista della riunione di oggi che dovrà definirne l’impalcatura. A dominare il panorama è ancora la Flat Tax. E in preparazione ce n’è una nuova versione, su cui sta lavorando in particolare Fratelli d’Italia, che propone una nuova soluzione al problema della sostenibilità. Al debutto, la tassa piatta (l’aliquota in questo caso è ancora da fissare, nel ventaglio che va dal 15 al 23%) si applicherebbe solo agli incrementi di reddito, con l’obiettivo di incentivare l’impegno lavorativo e professionale e di ridurre i costi di ingresso del nuovo meccanismo. La fiat tax, riducendo la tassa sul reddito del lavoro, crea nuova occupazione e sviluppo e fa crescere il gettito. Certo, nel primo anno non ci sono gli effetti dovuti ai nuovi investimenti, ma solo del fatto che molti contribuenti che evadono quando le aliquote sono elevate, non lo fanno se sono moderate. Se le imposte vengono semplificate, il fisco ha poi più mezzi per cercare chi evade.
La svolta di Marchionne. Sergio Marchionne si prende la rivincita. Dal palcoscenico di Detroit spiazza il mercato e annuncia: «Non abbiamo più bisogno di nessuno». Il riferimento è al tema delle alleanze, cavallo di battaglia del manager italo canadese negli ultimi tre anni e indicato a più riprese come passaggio obbligato per sopravvivere nel mercato automobilistico globale e creare economie di scala. «Non ho bisogno di nessuno. Non lo dico per arroganza. Siamo al pari di altri», ha osservato. A Detroit Marchionne ha parlato di cose concrete. Il piano industriale che presenterà a Balocco, il 1° giugno, non è il suo piano ma quello di un team che avrà un leader, ossia il nuovo amministratore delegato. La comunicazione del suo nome sarà decisa dal board che stabilirà il momento opportuno per darne l’annuncio. Non sarà una donna: «No, l’avrei scelta volentieri ma non c’è. È troppo presto». Il manager ha detto inoltre che entro il 2025 «meno della metà» delle auto prodotte nel mondo sarà elettrica o ibrida: «Le case automobilistiche hanno meno di un decennio per reinventarsi».
Politica estera
Missione italiana in Niger. Al Senato, la ministra della Difesa Roberta Pinotti ha rilevato l’eccezionalità della convocazione del Parlamento a Camere sciolte ma, ha spiegato, «la deliberazione del governo sulle missioni internazionali riguarda le strategie di sicurezza che permangono anche davanti agli appuntamenti importanti della politica». Dunque, alla vigila delle elezioni, le commissioni congiunte Esteri e Difesa di Palazzo Madama hanno dato il primo via libera alla deliberazione del governo che proroga per il 2018 le missioni militari all’estero e ne istituisce di nuove, compresa quella in Niger che mobiliterà fino a 470 soldati lungo le rotte dei mercanti di esseri umani in prossimità del confine meridionale della Libia. Il Sahel – ha sottolineato Alfano, annunciando uno stanziamento di 100 milioni di euro per il Niger – «è una regione di preminente valore strategico per l’Italia». Non sarà, ha insistito la titolare della Difesa, «una missione combat (…): è una missione di addestramento. È il Niger – ha ricordato – che ci ha chiesto aiuto per il controllo alle frontiere».
Germania, torna la grande coalizione. “Rivolta contro Schulz guidata dal leader dei giovani del partito Kühnert. Decisione entro il 21. L’altolà degli alleati: «Gli accordi non si cambiano»”.
L’avevano data per spacciata dopo le elezioni del 24 settembre e il fallimento della trattativa per la formazione del governo con Liberali e Verdi a novembre. Invece Angela Merkel si è ripresa la scena, concludendo un laborioso negoziato con la Spd per una nuova grande coalizione che dovrà guidare la Germania nei prossimi quattro anni. Non siamo ancora alla fine della corsa per la costituzione del nuovo esecutivo a Berlino, ma sulla base delle ventotto pagine di pre-accordo sottoscritte all’alba di venerdì da Cdu-Csu e Spd il traguardo è più vicino. Schulz dovrà spiegare ai suoi compagni, molti dei quali diffidenti o contrari a una nuova alleanza di governo con Merkel, le ragioni per le quali ha cambiato idea. Kevin Kühnert, presidente dei giovani della Spd: «Nelle 28 pagine dell’intesa non c’è una riga dedicata alla generazione del precariato, alla mia generazione, ai milioni di giovani precari”.