Politica interna
Centrosinistra, il no di Mpd Il dado sembra tratto, a sentire toni e contenuti della sequenza di interventi all’assemblea che Mdp tiene a Roma. «Non do per scontato niente, ma non ho visto nel Pd una sincera riflessione su nulla», stronca Pier Luigi Bersani. Aggiune l’ex segretario Pd: «Io lascio aperta la porta, però bisogna leggere la legge elettorale: non vince nessuno, ci si ritrova comunque dopo in Parlamento». Insomma, è un arrivederci alla diciottesima legislatura, la prossima. Intervistato a “In 1/2″, poi, il fondatore di Mdp sarà ancora più incisivo: «Noi andiamo avanti per una strada dritta, non siamo interessati ad accrocchi e teatrini». Parole che riecheggiano quelle di Roberto Speranza in assemblea «Noi vogliamo uscire dal teatrino di questi giorni.[…]Io penso che Renzi è un nome del passato, non del futuro» […] E quando il giovane ex capogruppo pd cita Pietro Grasso, in assemblea scatta l’applauso, anche se il presidente del Senato nella sala congressi non c’è […] L’assemblea di Mdp si conclude con l’approvazione all’unanimità proprio della relazione del coordinatore Speranza, con la quale si chiede di continuare nel percorso per la lista unitaria con Sinistra Italiana e Possibile. Percorso che si concluderà con l’assemblea unitaria (ma alla sinistra del Pd) del 3 dicembre. Nelle stesse ore infatti si riuniva in assemblea anche Sinistra italiana. E i fendenti sono stati ancora più pesanti. «Oggi torna come in una seduta spiritica Romano Prodi e le sue chiamate», sono le parole con cui Nichi Vendola scalda la platea. «Le porte sono chiuse, il tempo è scaduto, non ci sono più le condizioni», chiude anche il segretario Nicola Fratoianni”. Ma per Pero Fassino, nell’intervista al Corriere della Sera, «L’assemblea di Mdp ha semplicemente deciso di dare vita a un processo di fusione con Si e Possibile per far nascere una nuova forza di sinistra», e ciò non contraddice «l’ipotesi e la speranza di una larga alleanza di centrosinistra». Sgombra il terreno da qualsiasi pregiudiziale relativa alla premiership: «con questa legge elettorale il capo del governo si decide dopo il voto. Se il centrosinistra sarà chiamato ad esprimere un nome, lo faremo tutti insieme e va da sé che sarà una scelta condivisa».
Elezioni di Ostia. La candidata del Movimento 5 Stelle, Giuliana Di Pillo, vince le elezioni a Ostia tra seggi blindati e affluenza flop (al 33,6%). Per Stefano Folli, su repubblica, a Ostia “è consumata ieri una pagina malinconica della democrazia decadente2 L’esito delle elezioni indica come “le aree del malessere e del degrado tendono ad allargarsi, in forme inversamente proporzionali alla credibilità smarrita della politica. In questa Italia che a Ostia è già realtà, anche l’indignazione non è più di moda. La rivolta morale e magari moralista, il rifiuto della corruzione, lo sberleffo verso la casta, insomma tutto ciò che ha fatto la fortuna dei Cinque Stelle, oggi sembra materiale usurato. A Ostia prevale la stanchezza e la disillusione. Il 67 per cento degli elettori che se ne stanno a casa non descrive l’esercito dell’anti-politica rimasto sotto la tenda in vista di future battaglie. Piuttosto racconta di un mondo pre-politico in cui ha vinto l’indifferenza, il totale disincanto. E questo vale anche per i Cinque Stelle”, in calo di l7 punti, rispetto al ballottaggio dei 2016.
Economia e finanza
Pensioni, la trattativa Governo – sindacati Il Governo punta a una conclusione postiva della trattativa sulle pensioni con i sindcati, nonostante le dure prese di posizione dell Cgil. Marco Leonardi, consigliere economico del presidente del Consiglio, lancia un ultimo appello alla ragionevolezza: «Il governo pensa di fare la cosa giusta, che nessuno ha fatto prima: esentare dallo scatto dell’età pensionabile 15 categorie di lavoratori che svolgono attività gravose. Non solo: ci siamo impegnati su altri due fronti dove non si erano impegnati i governi precedenti: la revisione del meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita e la costituzione di un fondo per recuperare i risparmi dell’Ape, renderla più fruibile nel 2018 e creare le condizioni per una possibile proroga della stessa nel 2019. Per questo confidiamo che nell’incontro di domani coi sindacati si arrivi a posizioni più vicine anche con la Cgil. Che credo non possa non riconoscere che quanto sta facendo il governo va nella direzione giusta, rispettando la priorità indicata nell’accordo del settembre 2016».
Politica estera
Germania, rotte le trattative di governo. Una coalizione di governo tra i cristiano-democratici della Cdu e della Csu, i Liberali e i Verdi in Germania non si può fare. Dopo quattro settimane di colloqui tra i partiti, e 56 giorni dopo le elezioni del 24 settembre, questa notte i colloqui tra le quattro delegazioni sono falliti. Poco prima di mezzanotte, i Liberali di Christian Lindner hanno fatto sapere che si ritiravano: troppe differenze sul programma. La politica tedesca entra in un territorio mai calpestato prima, instabile. La rinuncia da parte dei Liberali apre di fatto una crisi istituzionale senza precedenti nella storia della Germania del dopoguerra con l’inizio di un periodo di forte instabilità e incertezza. L’unica maggioranza possibile a questo punto resta quella di una coalizione fra i due partiti dell’Unione Cdu e Csu insieme ai socialdemocratici di Martin Schulz. Questi però ancora ieri avevano ribadito la loro non disponibilità ad una riedizione di un governo di grandi intese sotto la guida di Angela Merkel. La cancelliera è così costretta a gestire una situazione a dir poco caotica per un Paese abituato da decenni alla stabilità e affidabilità del suo sistema politico. Le possibilità che le rimangono per continuare a governare sono assai ridotte quanto improbabili. Un governo di minoranza fra Cdu-Csu e Verdi, una riedizione della Grande coalizione con l’Spd guidata però in questo caso da un altro cancelliere come possibile concessione ai socialdemocratici o le elezioni anticipate.