Parlare dei soldati e delle armi dell’esercito napoletano, non evoca immagini di efficienza e modernità. Parlando dell’esercito di Francischiello viene subito in mente, per una consolidata e perciò difficilmente modificabile, associazione di idee, una armata brancaleone disorganizzata e mal equipaggiata. L’aneddotica è molteplice e variegata: l’aneddoto più noto è quello relativo a “facite ammuina” (fate confusione), l’ordine impartito dagli ufficiali alla truppa per dare l’impressione di alacre operosità. Oppure come quello che sottolinea l’estrema ottusità dei fanti napoletani al punto di non saper distinguere la destra dalla sinistra, per cui dovendo manovrare nelle esercitazioni sarebbero stati appuntati al braccio destro un nastro con fiocchetto rosso e a quello sinistro un altro nastro con fiocchetto blu. Invece di dare l’ordine “di fianco destro” o “fianco sinistro”, che altrimenti non avrebbero compreso, gli ufficiali gridavano “fiucchetiello russo” o “fiucchettiello blu”!
Questa è l’immagine del soldato borbonico tramandatoci dalla storiografia ufficiale postunitaria: ignorante, furbastro e soprattutto pavido con zero capacità militari, preoccupato solo di salvare la pelle e chi si è visto si è visto.
Dagli Stati Uniti d’America ci viene la lezione sul rispetto per il nemico militarmente sconfitto. Quando finì la Guerra di Secessione ( dal 12 aprile 1861 al 26 maggio 1865), di poco successiva all’impresa dei mille, i vincitori non dileggiarono i vinti, me ne riconobbero il valore e cercarono di colmare le fratture create nel frattempo. Non solo, la narrativa e la filmografia americana successiva ci mostra la reale volontà di ricomposizione fra nordisti e sudisti in quanto appartenenti ad un unico Stato. Più volte nelle guerre successive i marine andarono a combattere custodendo nello zaino la Dixie Flag, la bandiera del Sud, senza essere dileggiati. Immaginiamo un soldato meridionale in missione all’estero che porti una bandiera borbonica. Non oso pensare che gli succederebbe ( ma potrebbe finire anche al Grande Fratello!). Una corazzata è stata battezzata Lee dal nome del generale sudista. Una nave da guerra italiana con il nome di un generale borbonico è a tutt’oggi impensabile. Da noi la ricomposizione avvenne dal basso nella prima guerra mondiale.
Ferdinando II, sotto questo aspetto fu più illuminato di Vittorio Emanuele II rendendo pubblico riconoscimento ai soldati napoletani che avevano combattuto sotto Gioacchino Murat.
I soldati del regno furono, fatte le debite eccezioni, il contrario dall’immagine stereotipata tramandateci.
Il rinnovamento delle forze armate delle Due Sicilie ebbe inizio con l’ammiraglio irlandese John Acton, conosciuto altrimenti come funesto ispiratore della regina Maria Carolina, voluto nei gossip suo amante addirittura. Riorganizzò prima la marina e poi l’esercito, curando la formazione della classe degli ufficiali – quasi inesistente in quel momento – che conoscesse veramente il mestiere delle armi. A questo scopo istituì nel 1786 la”Reale Accademia Militare”, che il 18 novembre 1787 iniziò i propri corsi nell’ex collegio dei Gesuiti presso la chiesa dell’Annunziatella a Pizzofalcone.
Re Ferdinando si fece promotore di una legge sul reclutamento completa ed esauriente e migliorò moltissimo il sistema disciplinare, l’armamento e l’equipaggiamento. I soldati napoletani parteciparono a tutte le battaglie risorgimentali, alla spedizione in Russia e seppero morire con onore e gloria sia nella battaglia di Caiazzo e di quella successiva del Volturno e nell’assedio di Gaeta.
Da “Storia di un Regno Maltrattato”