Pessimisti sulle chance di trovare lavoro privilegiano però le proprie passioni rispetto agli sbocchi professionali. Gli studenti delle scuole superiori appaiono così secondo la fotografia scattata da Astra Ricerche che ha intervistato più di 800 ragazzi tra i 17 e i 19 anni per «Gli studenti e il lavoro che cambia», un’indagine commissionata da Manageritalia. Se il dibattito sul lavoro, come dimostra la vicenda dei voucher, continua a essere incentrato quasi esclusivamente sui dispositivi di legge che lo regolano, minore attenzione si dedica ai mutamenti culturali. Dicevamo del pessimismo: i ragazzi intervistati, con una maggioranza schiacciante del 75%, si attendono un incremento dei giovani che emigreranno per cercare lavoro, solo il 36,5%, però, si aspetta in parallelo un aumento della disoccupazione giovanile in Italia, mentre il 40% crede che diminuiranno in Italia «i salari d’ingresso», le retribuzioni del primo lavoro. I giovani che lavorano nel settore pubblico invece sono pochissimi, ormai sono il 2,7%, meno di 3 su 100 che lavorano. Volendo spingersi a considerare i lavoratori che hanno meno di 35 anni il quadro non risulta molto più confortante: sono il 6,8% del totale, nemmeno 7 ogni 100 lavoratori. E’ quanto emerge dall’aggiornamento al 2015, appena pubblicato dall’Aran, l’Agenzia che si occupa di pubblico impiego.