Non ha ammesso l’errore, non ha chiesto scusa “se non per il risultato”. Non si è dimesso. Il giorno dopo Italia-Svezia e il più clamoroso fallimento nella storia del nostro calcio, Gian Piero Ventura è ancora al suo posto, sulla panchina azzurra di una nazionale senza Mondiali e senza partite ufficiali fino al settembre 2018, a cui lui evidentemente non intende rinunciare: il rinnovo fino al 2020 non scatterà per l’eliminazione, ma restano comunque otto mesi di contratto. E di stipendio da 1,3 milioni di euro a stagione, che la Federazione dovrà riconoscergli. È uno dei temi che dovrà affrontare il presidente federale (per quanto ancora?), Carlo Tavecchio, quando uscirà dall’imbarazzato e imbarazzante silenzione di 48 ore in cui si è trincerato, per evitare le tante accuse e richieste di addio che sono piovute anche su di lui.
Alle 13 di oggi riunione in Fgci, voluta dal presidente del Coni Malagò. All’ordine del giorno soprattutto, ma non solo, il «che fare?» del calcio italiano (sottinteso nelle «comunicazioni del presidente»). Tavecchio non si dimette, come voleva Malagò, e non si dimette per ora neancheVentura (vuole i soldi che gli spettano per contratto fino al 2018).