Grillo, che per il No si è speso ma con misura, aveva chiesto di marciare compatti fino al voto. In parte è stato così, con lui a guidare la ciurma. Ma il fondatore cova da sempre il desiderio di tornare a essere quella sorta di padre spirituale del M5S, il garante delle regole e il megafono, dal giorno in cui quasi due anni fa scelse il «passo di lato». Ed è un po’ quello che hanno letto molti 5 Stelle nel suo post di ieri, in quel passaggio in cui sembra evocare una pausa dalla politica e il ritorno sul palco da attore puro: «Sono assediato in casa da tre giorni dalle tv. Quello che voglio dire ve lo dico qui. Mi dispiace, non sarò il vostro comico mannaro». E ancora: «Adesso hanno bisogno di un nemico: il Grillo Mannaro, già improbabilmente etichettato come populista, fascista, non capiscono cosa sia un comico professionista». Fonti del M5S confermano l’intenzione di staccare la spina e di essere sempre meno fisicamente presente. Ci sarà virtualmente, dal blog, da cui continuano a piovere scelte strategiche e indicazioni politiche. Sabato, infatti, non andrà alle consultazioni. Al Quirinale dovrebbero satire i capigruppo accompagnati da Luigi Di Maio. Grillo vuole stare il più possibile a Genova, nella sua villa di Sant Ilario, a costruire il suo show, e scenderà a Roma solo se sarà indispensabile. Un po’ come prima della vittoria a Roma e a Torino. Molto, ovviamente, dipenderà da quando si andrà a votare, perché se sarà nei primi mesi dell’anno, e il M5S resta favorito, Grillo sarà costretto a guidare la campagna elettorale per l’ultimo sforzo. Se invece i tempi del governo istituzionale, a cui i 5 Stelle non intendono partecipare, si allungheranno, Grillo potrebbe dedicarsi al suo spettacolo e magari far coincidere il tour con la sfida delle politiche, come avvenuto con le Europee del 2014. Ai vertici del M5S sanno che la scelta di Beppe potrebbe essere un rischio per tutti. Soprattutto ora, con il Movimento spaccato sul tema della leadership e senza meccanismi di competizione interna chiari.