Alessandro Corti
Cercare di prevedere oggi quello che succederà a marzo, subito dopo l’apertura delle urne è un po’, per citare una canzone molto famosa, “come guidare a fari spenti nella notte”. Senza punti di riferimento. E, soprattutto, con tante incognite tutte da risolvere in tutti gli schieramenti. Il Centrodestra, ad esempio, deve ancora fare i conti con l’eredità giudiziaria di Silvio Berlusconi e sull’eventuale verdetto che potrebbe arrivare da Strasburgo. In caso di esito negativo, per l’ex leader di Forza Italia le porte del Parlamento resteranno ancora sbarrate. Con tutte le variabili del caso per quanto riguarda la leadership e il futuro candidato premier. Stesso discorso, sia pure con situazioni molto diverse, anche sull’altro fronte, quello di Centrosinistra. I fuoriusciti dal Pd guidati da Bersani, hanno chiuso ogni spiraglio sulle possibili alleanze prima delle elezioni. Una posizione chiaramente anti-renziana che rischia di costare caro nei collegi elettorali e che, in ogni caso, complica ulteriormente il rebus del voto. Le cose, sulla carta, vanno meglio per i Cinquestelle. Qui, almeno, un candidato premier esiste già (sia pure deciso con modalità piuttosto discutibili). Ma, per il resto, sono davvero pochi gli osservatori disposti a scommettere sulle capacità amministrative dei grillini e, soprattutto, sulle loro potenzialità come partito di governo. Non a caso, a Bruxelles, si sta ingrossando giorno dopo giorno la schiera di chi teme un’eventuale conquista di Palazzo Chigi da parte del movimento. Sono proprio questi dubbi, probabilmente, ad alimentare le lettere di richiamo e i moniti arrivati nei giorni scorsi dalla Commissione Europea sui nostri conti pubblici.
E’ vero che, al momento, quasi tutti scommettono su un risultato elettorale senza vincitori. Un esito che dovrebbe portare le due principali forze politiche di “sistema”, vale a dire centro-destra e centro-sinistra a imboccare la strada della grande coalizione. Ma i giochi non sono né facili né scontati. Basta guardare a quello che sta succedendo proprio in queste ore in Germania dove la cancelliera Merkel non è riuscita a mettere insieme una maggioranza affidabile. Così, di fronte ad un esecutivo debole ed ostaggio di partiti litigiosi, la lady di ferro non ha avuto alcuna esitazione a far balenare un ritorno alle urne. Il tutto con un solo obiettivo: far uscire al più presto il Paese da una difficile situazione di impasse politico e garantire la tradizionale stabilità agli esecutivi della Germania. In Italia, probabilmente, il rischio sarà diverso: quello di avere un governo perennemente in bilico perché sostenuto da una coalizione composta da schieramenti litigiosi e fondamentalmente divisi. Dimostrando una volta di più che governare i tedeschi è infinitamente più facile che governare gli italiani.