Alessandro Corti
Forse l’Unione Europea non ha tutti i torti quando ci bacchetta. Le due lettere di richiamo arrivate sulla scrivania del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, nascono da una domanda semplice: ma davvero possiamo permetterci tutto quello che, in queste ore, sta maturando fra le aule del Parlamento e gli stanzoni di Palazzo Chigi? Il dubbio è piu’ che leggittimo dal momento che fino a poche settimane fa dal dicastero di via Venti Settembre erano arrivati segnali inequivocabili. Il sentiero dei conti pubblici, ripeteva come un disco incantato Padoan, “era molto stretto”. Tanto che il governo aveva scelto di imboccare la strada di una legge di Bilancio “light”.
Ora, però, lo scenario sembra cambiato. Il governo ha allargato i cordoni della borsa sul versante delle pensioni bloccando di fatto l’aumento dell’età a 67 anni per una quindicina di lavori usuranti. Una concessione che non ha accontentato tutti i sindacati ma che di fatto consente di dare una boccata di ossigeno a una platea di 15.600 persone. Ma non basta.Nella manovra è subito spuntata una norma per stabilizzare 50mila precari storici della pubblica amministrazione. Dietro l’angolo, poi, ci sono centinaia di emendamenti che rischiano di innescare, nei prossimi giorni, l’ennesimo assalto alla diligenza dei conti pubblici. Sacrificando sull’altare della campagna elettorale i buoni propositi del rigore e dell’austerity. Se a tutto questo aggiungiamo che, visti da Bruxelles, i conti non tornano e che per rispettare gli impegni assunti dal nostro Paese mancano all’appello quasi 5 miliardi, il quadro diventa ancora piu’ preoccupante.
Certo, per ora il ministro dell’Economia, tiene duro. Ribatte a muso duro le critiche che arrivano dall’esecutivo comunitario. E assicura che non ci sarà bisogno di una manovra bis. Molto dipenderà, naturalmente, dal tasso di crescita del Paese. Se le previsioni saranno confermate e se il Pil aumenterà un po’ di piu’ rispetto alle cifre scritte nella legge di bilancio, effettivamente potremo scongiurare il rischio di una nuova manovra. Ma molto dipenderà anche dal comportamento dei partiti e delle forze sociali. La tentazione di utilizzare la manovra economica di fine legislatura come uno strumento elettorale continua ad essere molto forte. Anche per questo Bruxelles ha deciso di alzare la mira e lanciare segnali minacciosi. Ma, al di là delle missive, resta un dato di fatto: ogni nuova spesa dovrà prima o poi essere coperta. E, se poi si tratta solo di misure populistiche o, peggio ancora, elettorali, il conto rischia di essere addirittura piu’ salato. Non solo perchè lasciato in eredità al prossimo governo. Ma anche perchè consumerà quello che resta della reputazione e della credibilità del Paese.