Paperone, creato 70 anni fa dalla matita del disegnatore americano Carl Barks, un carattere di ferro «nato dalle angherie subite da ragazzo, quando emigra dall’amata Scozia a faticare nelle miniere del Klondike dove, nel 1898, a soli 13 anni, trova una pepita d’oro grande come un uovo d’anatra. Allora il primo centesimo, guadagnato lustrando per ore stivali infangati, e custodito come un amuleto dalle brame della fattucchiera Amalia, diventa cimelio, non più valuta. La rivista Forbes calcolò nel 2013 che la fortuna di Paperone assommasse a 65,40 miliardi di dollari, oggi pari a 68,72 miliardi, (58 miliardi di euro), ma lo zio sarebbe livido se sapesse che Bill Gates, fondatore di Microsoft, conta nel suo deposito, pur non in monetine in cui far tuffi e bagni, oltre 90 miliardi di dollari» [Riotta, Sta].
«Ciò che rende simpatico Zio Paperone è la sua eroica fermezza e inflessibilità. Nel nostro mondo industrializzato, dove tutti i ricchi sembrano vergognarsi dei loro capitali, e si allineano con la cultura di sinistra, e invitano alle loro feste coloro che proclamano apertamente la loro intenzione di spogliarli, è confortante trovare un plutocrate che, senza pudori, ostenta lo splendore dei suoi miliardi, e se li tiene ben stretti… Un capitalista di carattere, finalmente» (Dino Buzzati nel 1968, nell’introduzione dell’Oscar Mondadori Vita e dollari di Paperon de’ Paperoni)