Di Sabrina Livi
“Quante volte occorrerà ripetere che la storia dell’umanità è fatta di migrazioni” ci rammenta l’autore Franco Blandi. E’ esistito un tempo, poco conosciuto, in cui barche colme di migranti facevano il percorso inverso a quello dei nostri giorni. Partivano da Palermo, Trapani, Messina. La destinazione era Tunisi. Quei siciliani, e furono davvero tanti, popolarono una parte della città di Tunisi, ribattezzata Petite Sicile, nonostante il vero nome fosse sempre stato la Goulette.
‘Appuntamento a la Goulette’ è la storia di una migrazione anomala, passata, traccia emblematica di integrazione pacifica, che vede protagonisti più di 150.000 italiani e siciliani, che, loro malgrado, si sono ritrovati “apolidi”, alla ricerca di lidi migliori, di se stessi, e che hanno scelto deliberatamente di popolare la cittadina tra Tunisi e Cartagine. I siciliani -continua Baldi- insoddisfatti del Regno delle Due Sicilie avevano riposto grandi speranze nel processo di Unificazione dell’Italia. Entusiasmo disilluso.
“Un’ integrazione che parte dal basso”
La storia di Blandi, fotografo e scrittore di Sant’Agata di Militello, è un esempio di fenomeno migratorio nella sua naturalezza. Di un’ ‘integrazione spontanea che parte dal basso’. Di uomini dell’estremo Sud che cercarono e trovarono fortuna in un Sud ancora più profondo: una Tunisia, di anima africana, di immagine francese e di identità italiana. Il testo pone al centro della trattazione quell’anomalia che, tanto sospirata da Enzo Tartamella nel suo libro “Emigranti anomali”, “risiede nella sua controtendenza [… ] lo fecero perché puntarono alle risorse locali, naturali, che quella Terra offriva… non per esigenza politico-ideologica”.
Tra le pagine emerge la volontà, curiosità, di come i tunisini, sotto la potenza colonizzatrice francese, non manifestarono atteggiamenti di esclusione. Al contrario “ siciliani e tunisini si sentivano alleati nel subire e contrastare lo strapotere della potenza francese”. Il Protettorato, non vedendo di buon occhio la presenza degli italiani, cercò in vari modi di arginarne la presenza, sia negando la loro validità numerica sia cercando di restringere diritti economici e sociali.
L’andamento storico di ‘Appuntamento a La Goulette’, essenziale per rievocare un passato col quale fare i conti per comprendere il presente di oggi, è arricchito con le testimonianze del carrozziere Nicola Piazza, dell’innamorato Mario, del falegname Ivo.. , uomini per molto tempo svaniti nel nulla per colpa di una storia negligente, che dovrebbe insegnare e non depennare. La visione sociologica, invece, rimanda a quella “doppia assenza” di Sayad, tra sofferenza-origine e illusione-destinazione dell’immigrato, a quella ‘contraddizione costitutiva dell’emigrazione/immigrazione’.
E’ grazie al contatto quotidiano di due modi di essere differenti, ma unici, che italiani e tunisini si sono conosciuti; i nostri connazionali ‘meno raffinati dei francesi e meno colti degli ebrei livornesi’ sono estroversi nei loro usi, costumi, sono grandi lavoratori, hanno un forte legame familiare, hanno fatto conoscere il culto della Madonna di Trapani, divenuto momento di unione.
Blandi, scegliendo la narrazione come strumento di dialogo e comprensione, racconta un intreccio di storia, in cui costumi, cibo e religione, con il loro simbolismo, diventano veicolo di condivisione: le sarde, le acciughe, le lumache dei siciliani insieme al tanto amato cous cous dei tunisini. E forse l’esempio più naturale e ovvio di integrazione è “U Simpaticuni”, il giornale pubblicato a Tunisi dal 1911 al 1933 in cui un italiano sicilianizzato si fonde con l’arabo e il francese.
La Tunisia, non esercitò nessun tipo di sortilegio sui siciliani, la loro esperienza a La Goulette spinge a riflessioni sull’ identità, la curiosità verso l’altro, l’ospitalità dello straniero, la capacità di una minoranza di sostenersi (nonostante i pregiudizi) e di uguaglianza nella differenza.
Ma allora perché – si chiede Blandi – è così difficile ancora considerarci figli di un unico mondo, di un unico luogo della storia? Nonostante la storia sia ricca di insegnamenti e sembri essere sempre la stessa, noi uomini, si sa, rimarremo sempre ‘dei cattivi alunni’.
La Tunisia e Claudia Cardinale: un difficile rapporto
La Tunisia, diventa una colonia di forza, in cui si ‘registrarono anche matrimoni misti tra siciliani e tunisini’, una complicità che ha permesso ai Siciliani de la Petite Sicile di sconfiggere i preconcetti che si portavano dietro e di diventare risorsa sociale, utilità sociale. Quelle stesse radici italo- franco- tunisine di Claudia Cardinale, che hanno dato spessore alla sua mediterraneità e dalle quali è nata la sua meravigliosa creatura, Patrick. Frutto di un episodio di violenza: uno stupro avvenuto proprio a Tunisi. “ Stavo vivendo un momento molto delicato della mia vita- racconta la riservata attrice- un uomo che non conoscevo, molto più grande di me, mi costrinse a salire in auto e mi violentò. E’ stato terribile, ma la cosa più bella è che da quella violenza nacque il mio meraviglioso Patrick”. Il nome, in onore della chiesa di Londra, nella quale venne battezzato. Una nascita che doveva restare segreta, almeno per il produttore Franco Cristaldi, con cui aveva sottoscritto un contratto. Estenuante, fatta di peripezie private e sociali. E’ la storia della Cardinale.
Il riscatto arrivò col regista Pasquale Squitieri. Con lui ha condiviso tutto, anche la violenza. E’ così che divenne un’attrice prorompente, misteriosa e riservata, che ama fare l’esploratrice e che mantiene un raro equilibrio. Tra arte e vita.