Alessandro Corti
Vitalizi dei politici addio? La “casta” ci riprova a dare un segnale al Paese reale. Oggi ha approvato il tanto contestato disegno di legge che cancella le pensioni d’oro maturate dai parlamentari anche dopo un solo mandato. Norme che hanno sicuramente gonfiato le vele dell’antipolitica ma che, negli ultimi anni, erano sempre più difficili da giustificare, soprattutto dopo la riforma Fornero che ha innalzato di colpo l’età pensionabile fino a 67 anni. Per un Paese come l’Italia, che ha ormai il sistema previdenziale più rigido d’Europa (secondo solo alla Grecia), la presenza di un piccolo esercito di “privilegiati” era diventata davvero ingombrante. Soprattutto politicamente. E allora ben venga l’inedito asse Pd-M5s che ha consentito al provvedimento di approdare in Aula e superare tutte le ostilità. Certo, fino all’ultimo momento, i trabocchetti sono sempre possibili. Ma, ormai, il disegno di legge può contare su una buona maggioranza e sfidare apertamente chi oserà mettersi di traverso. Per la verità, chi si oppone, ha anche dalla sua parte qualche valida ragione. Una su tutte: la norma è chiaramente retroattiva e rischia di avere una sonora bocciatura da parte della Corte Costituzionale. Senza considerare che la ricorsa dei democratici ad uno dei cavalli di battaglia dei grillini potrebbe trasformarsi anche in un boomerang.
Ma, al di là di queste aspetti, sarebbe bene rimanere con i piedi per terra. E non cantare vittoria troppo presto. Tanto per cominciare, abolire i vitalizi non significa cancellare di colpo la cosiddetta “Casta”. Ci sono ancora tanti privilegi che si annidano nei Palazzo della politica così come in quelli delle aziende pubbliche o municipalizzate. Ma, soprattutto, per recuperare il terreno perduto e riconquistare la fiducia dei cittadini, ci vuole ben altro che un voto contro i vitalizi. Non serve a nessuno rincorrere gli argomenti della demagogia. Ma è necessario combattere l’Antipolitica con l’unica arma a disposizione delle democrazia: la Politica con la P maiuscola. I vitalizi, da questo punto di vista, sono solo una piccola goccia. Faranno risparmiare al bilancio pubblico una manciata di milioni di pensioni erogate. Sempre meglio che niente, si dirà. Ma la strada per rimettere in sesto il sistema previdenziale e, soprattutto, per evitare che le generazioni più giovani vadano in pensione a 75 anni con assegni da fame, è molto più lunga e complessa. Da questo punto di vista, la riforma anti-Casta rappresenta solo un piccolo segnale di equità. Ha un alto valore simbolico e uno scarso valore economico. Può avere un senso se la battaglia contro i privilegi continuerà anche su tutti gli altri fronti aperti. Altrimenti, sarà solo un fuoco di paglia alimentato dalla demagogia e dalla voglia dei facili consensi.